Al MUG di Latina le opere di Pietro Contento

LATINA – Dall’11 giugno al 3 luglio Pietro Contento grafico di fama, con campagne nazionali e internazionali, sempre attento però alle realtà locali, al paesaggio, alla terra e al sociale, presenta una mostra dall’accattivante e spiazzante titolo “Sorella Povertà”. Dieci anni di lavori (2011-2021) che spaziano da multipli quasi d’arredo, sempre però molto sognanti e spesso un po’ surreali, alla parte più contenutistica, i “pezzi” appunto che lo “affratellano” o lo “assorellano” all’”arte povera” più vicino a Giulio Paolini che a Jannis Kounellis. Ma è anche facile trovare delle vicinanze a Mario Schifano, Franco Valente e Pino Reggiani. Insomma una mostra da vedere e perché no da “sentire”.
Il poeta Antonio Veneziani di questi lavori scrive: “Pietro Contento è un artista che celebra, come pochi, l’integrazione tra l’uomo e la natura, tra il mondo dei simboli e quello dei significati, modulando il ritmo del respiro col ritmo dei gioco visivo. Anche se a volte possiamo credere di trovarci davanti a una certa ingenuità invece siamo di fronte all’artista che ci fa correre brividi corporei e sfregia, con l’ingenuità di un bambino, la normalità. Questo artista, capace di zigzagare tra le avanguardie storiche e il post-punk è un’esperienza immancabile e indimenticabile”.
Anna Filigenzi, docente all”Orientale” di Napoli, scrive: […] La materia si può scomporre e ricomporre come sogno, che per Pietro Contento non significa affatto fuga dalla realtà, anzi, significa starci dentro con quel meraviglioso strumento illusorio che chiamiamo arte, attraverso il quale ci prendiamo la libertà senza limiti di riprodurre o reinventare, di consolare o di ragionare anche aspramente, se necessario. Pietro Contento sta dentro la sua arte esattamente come sta dentro la vita, con discrezione e fermezza. I suoi gesti non pretendono di insegnare, ma non rinunciano a proporre. Ritroviamo nelle sue opere il suo sguardo attento e partecipativo, affinato attraverso le sue personali esperienze, ma anche attraverso il coinvolgimento in quelle degli altri, uno sguardo che coglie il bello e il brutto, gli slanci alati e le sofferenze, le diseguaglianze sociali e la fratellanza possibile. Tra le opere in mostra, vorrei brevemente commentarne tre[…] Le prime due, Se basta e Ailes à porter mi hanno ricondotto, per associazione intuitiva e immediata, all’impatto emotivo intenso, doloroso e tenero allo stesso tempo, che ha avuto su di me il film di Terry Gilliam Brazil (1985): sdegno, senso di ribellione, simpatia, umana condivisione e, in fondo e sopra a tutto, la certezza consolatoria della forza invincibile dell’immaginazione.[…] La terza è Sottovaso. Mi ha riportato alla mente il racconto “La giara”, che in fondo, per quelli della mia generazione, cresciuti in un paese rurale in cui il riuso non era l’innovazione ambientale del momento, ma una pratica tradizionale e necessaria, è l’espressione letteraria in chiave grottesca di consuetudini viste o di cui si è sentito narrare: la riparazione di recipienti rotti. Solo che qui a saldare le due parti dell’oggetto spezzato sono punti fatti di filo spinato (un elemento che ricorre, come in Salto Spinato). In quella rottura aggiustata il filo spinato introduce un sapore di indimenticata sofferenza. Eppure, quell’oggetto è un sottovaso; mi piace pensare che sopra questa memoria poggerà di nuovo una pianta, rifiorirà la vita.

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