La pandemia come l’Odissea: se ci riscoprissimo tutti Ulisse?

Dr. Fabio Battisti di “PSINSIEME”, Servizio Territoriale di Psicologia: dr. ssa Baggiossi Rita, dr. ssa Mastropietro Emanuela, dr. ssa Micoli Alessia, dr. ssa Pansera Cristina.

L’arrivo del Covid19 ha lasciato tracce indelebili non soltanto nel mondo, ma anche nella rete e nei social, alternando momenti di tristezza ad altri di eroismo, speranza, gioia…

Una narrazione non indifferente, dove spesso si accetta implicitamente che non si tornerà presto al mondo di prima e nemmeno troppo facilmente.

Forse è proprio in queste occasioni che occorre rivalutare le storie e i miti del passato dove l’eroe di turno, dopo mille peripezie, raggiunge l’agognata meta.

Una storia fortemente avvnturosa, conosciuta e amata da tutti, probabilmente è proprio quella di Ulisse e la sua Odissea.

Sembrerà strano, ma nonostante gli oltre 3000 anni di storia i clichè narrativi abbracciano con vigore coloro che si impegnano per un ritorno alla normalità/casa natia.

Da un lato la contestualizzazione del mondo classico e le sue divinità che passavano il tempo seguendo le vicissitudini dei mortali  si combina molto con il senso di persecuzione che stiamo attraversando, leggibile sul piano della realtà come un parallelismo con quei fattori biologici e scientifici ingovernabili dalla collettività.

Al pari degli screzi con gli Dei, anche il pipistrello assume un ruolo di frattura nel rapporto con il divino.

Quando non sono sufficienti il fato o la collera divina ecco che l’allontanamento dalla propria terra viene causato della dabbenaggine dei compagni di viaggio: la liberazione dei venti catturati da Eolo si può attualizzare con le persone che, incapaci di rispettare le indicazioni di base, provocano nuovi contagi e cluster e nel migliore dei casi quarantene.

Il ciclope forte e spietato può ricordare la pericolosità del Covid, Scilla e Cariddi quali i rischi “obbligati” da mestieri o attività quotidiane, l’immunità ai sortilegi della Circe e la benevolenza complessiva degli dei associabile alla vaccinazione, Calipso come la rassegnazione ad una nuova vita.

La deriva solitaria di un Ulisse stremato, a questo punto, non è distante dai ricoveri in terapia intensiva e i relativi protocolli.

Persino quando la “fine” sembra vicina bisogna  affrontare i proci e le loro prepotenze nel palazzo del Re, possibile difficoltà economiche individuali e collettive nel “ritorno a casa”

Ecco che le finte spoglie di Ulisse serviranno a non “abbassare la guardia”, certi fattori di sicurezza rimarranno ugualmente elevati.

D’altro canto “Penelope”, la vita di un tempo, è lì che ci attende, con tutte le sue nostalgie e abitudini.

Telemaco, oltre ad essere il frutto del legame con la vita distante, incarna la resilienza verso la “nuova normalità”, la speranza di ritrovarci, perché la vita del resto del mondo che ci riguarda sta proseguendo.

Potrebbe apparire come una comparazione tirata per i capelli, ma la via del ritorno alla normalità stessa richiede come per Ulisse senso del sacrificio, un’infinita pazienza e la profonda convinzione che il ritorno alle origini farà parte del nostro percorso di vita.

Prima di riprendere la vita di un tempo Penelope trova la conferma di aver ritrovato suo marito: soltanto loro sapevano che il letto era stato intagliato in un tronco d’albero secolare, rimasto lì con le sue radici, inamovibile. Come le migliori aspettative.

Soltanto allora tutte le sciagure vissute dalla partenza potranno assimilarsi con i brutti sogni ed appartenere a pagine dei libri di storia (o di mitologia), mentre il tempo, sia ad Itaca che nel resto del mondo, tornerà a scorrere.

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