Germano Baldazzi – UNA CONSEGUENZA DELLA PANDEMIA: RISCHIO DISPERSIONE SCOLASTICA

La condizione dei giovani in questo lungo tempo di pandemia è preoccupante. In particolare, è allarmante la facilità con cui gli studenti più fragili abbandonano definitivamente la scuola.  

La dispersione scolastica può rappresentare una povertà ulteriore in un tempo già difficile, per tante famiglie. Nel gennaio scorso, la Comunità di Sant’Egidio ha promosso una conferenza stampa per denunciare l’abbandono scolastico da parte di tanti, troppi minori. Infatti, i dati di una recente indagine rivelano che un minore su 4 è a rischio dispersione scolastica, a causa di un numero eccessivo di assenze ingiustificate (più di 3 al mese in circa il 20% dei casi), o perché non ha ripreso a frequentare la scuola all’inizio del nuovo anno (4%).  

Quando la didattica è stata interrotta, o svolta esclusivamente a distanza, un bambino su 2 ha avuto difficoltà nel seguire la “Dad” (Didattica a distanza). Parimenti grave, è anche il fatto che tra i minori che frequentano regolarmente la scuola, le ore effettive di lezione siano state ridotte: in una scuola su 9 (in 60 su 533 interpellate), tra settembre e dicembre 2020, l’offerta delle lezioni si era ridotto non tanto a causa di chiusure e quarantene imposte dal Covid, ma per una scarsa organizzazione interna della scuola, perché non vi era un numero sufficiente di insegnanti a disposizione per coprire tutte le lezioni, sia in presenza che in “Dad”.  

Gli studenti dei licei sono rimasti a casa per mesi e, pur tra molte difficoltà, grazie allo straordinario lavoro (spesso oltre il dovuto) degli insegnanti e del personale amministrativo, le classi son riuscite ad avanzare con il programma. Ma, ciò che s’è perso in rapporti umani, relazioni, crescita e sviluppo personale a causa del necessario distanziamento, non potrà tornare o essere recuperato con la rete o con una connessione rapida!  

I ragazzi, purtroppo, si sono trovati, e molti ancora si trovano, a dover crescere “a distanza”, senza vivere le dinamiche di rapporti personali o di gruppo che tanto aiutano crescere, formano valori ed interessi nell’età dello sviluppo fisico, cognitivo e della personalità.  

Questo problema va sommato, come già detto, a quello della dispersione, in particolare tra i più giovani. Infatti, nelle scuole primarie e secondarie di primo grado dei quartieri periferici delle grandi città – ma anche in molte del sud Italia – la percentuale dei minori che non completano il ciclo, è alta, altissima: si calcola sia il 13,5%.  

È una cifra elevatissima che deve far suonare un forte campanello d’allarme, anche a livello politico, governatvo. Sono le cifre dell’abbandono scolastico rilevato nell’anno 2019, prima ancora dell’emergenza pandemica.  

I dati del 2020 saranno tragicamente più gravi. E, purtroppo, il fenomeno cresce proprio nelle periferie delle grandi città, in particolare tra i giovani di origine straniera, rischiando – oltretutto – di vanificare la spinta all’integrazione.  

Lo vediamo quotidianamente, la situazione è complessa: il pomeriggio gruppi di giovani si incontravano per stare insieme, divertirsi o passare il tempo. Ora, a causa della pandemia tutto ciò non è possibile o, perlomeno, molto ridotto. È molto difficile, ancora sconsigliato incontrarsi, vedersi anche per giocare, studiare, e per ogni altra attività.  

La conseguenza è che crescita e maturazione avranno tempi diversi, e forse avranno bisogno di più tempo.  

Alcuni giorni fa, Walter Veltroni, su il Corriere della Sera aveva descritto alcuni tratti degli adolescenti costretti in casa dalla pandemia. Ha osservato che  

tornano sotto il controllo totale dei genitori. Genitori che diventano – così – ipercontrollanti, proprio in quell’età in cui dovrebbe esserci lo svincolo dalla famiglia, la distanza, l’autonomia. Invece fanno un passo indietro, tornano a essere bambini sotto l’ombrello protettivo e onnipresente di madre e padre, vediamo un processo di infantilizzazione, che certo non è positivo»”.  

In verità, i ragazzi sentono di vivere come in un “tempo sospeso”: non possono mettersi in discussione per vivere appieno le esperienze di questa età con le relative dinamiche di crescita, di sviluppo, di formazione. Il rischio è che un siffatto tempo sarà, se non perso o sprecato, comunque considerato vissuto non pienamente e potrebbe lasciare un risentimento, una delusione in una fase determinante della formazione dell’uomo e della donna.  

Si è aperta una ferita e va trattata per lenire le conseguenze, curata e non dimenticata: sia la dispersione scolastica dei ragazzi più fragili, ma anche le limitazioni che impediscono ai ragazzi di vivere le stesse esperienze di tanti loro coetanei delle generazioni precedenti.  

Occorrerà realizzare un serio piano di recupero delle ore di lezione non effettuate, con un serio piano di rientro e di recupero per i programmi, ma anche per ritrovare la socialità, i rapporti e la crescita insieme. I vaccini stanno arrivando e il nuovo governo dovrà approntare un piano di recupero scolastico senza tanti precedenti per ampiezza e gravità.  

Nella suddetta conferenza stampa sono state avanzate delle proposte molto concrete, alcune delle quali anche dal Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi, come continuare la scuola fino a tutto il mese di giugno, verificando prima l’abitabilità delle aule in mesi estivi ed apportare necessari adeguamenti.  

Inoltre, c’è il problema di riportare a scuola chi invece si è allontanato per le conseguenze di una vita divenuta più difficile, a causa della pandemia.  

Il Prof. Marco Impagliazzo, in un intervento pubblicato su il Corriere della Sera mercoledì 10 febbraio ha sottolineato l’importanza di avere “uno sguardo attento al futuro delle giovani generazioni”.  

Ha scritto:  

Il disagio psicologico e la crisi formativa di tanti bambini e adolescenti ci ricordano che la sfida non è solo economica. Parliamo tanto di un piano «Next Generation», che la scuola, e non la strada o un cellulare, siano l’oggi e il domani di tanti bambini e ragazzi, il loro «Recovery plan»”.  

Tra le dieci proposte avanzate dalla riflessione della Comunità di Sant’Egidio vi è anche quella istituire una nuova figura per la scuola. Così, prosegue il Presidente della Comunità di Sant’Egidio:  

Per andare «a cercare a casa» i tanti ragazzi che se ne sono allontanati, perché non istituire una nuova figura, quella del «facilitator» scolastico, per andare — anche fisicamente — a cercare chi si è perso per strada e reinserirlo in un percorso educativo e di istruzione? Far rispettare l’obbligo scolastico non è solo una questione giuridica. È sotto gli occhi di tutti che la didattica a distanza, soprattutto in certe situazioni marginali, non ha funzionato e forse non può funzionare…”  

S’è avanzata anche la richiesta di tenere aperta la scuola oltre il normale calendario didattico, per permettere a tutti di recuperare le tante ore di lezione in presenza andate perse. E ancora: rientrare a scuola già dal 1° settembre; permettere l’iscrizione degli studenti oltre il termine ultimo del 25 gennaio di ogni anno scolastico; permettere un recupero estivo per tutte le carenze e l’impiego di risorse per interventi in favore di famiglie in difficoltà; rendere obbligatoria la scuola già dai 3 anni in su, ma anche utilizzare la scuola per avviare una vasta campagna di educazione sanitaria.  

Le proposte avanzate fano parte di un piano complessivo volto a migliorare e rendere molto più valida e fruibile l’offerta scolastica, più vicina alle esigenze delle famiglie, affrontando alcune criticità mai del tutto sanate, quali l’istruzione obbligatoria garantita anche alle famiglie più fragili e il diritto alla salute e all’informazione sanitaria.  

Al Presidente del Consiglio Mario Draghi, al nuovo ministro/a dell’Istruzione che in queste ore sarà nominato/a, presentiamo gli auguri di buon lavoro, nella speranza che intervenga prontamente per restituire ai giovani la scuola e l’insegnamento, nella pienezza delle sue funzioni e caratteristiche.  

Germano Baldazzi  

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