In Aula ‘l’ora o mai più’ di Renzi: Ora tolti alibi, vediamo quanto durano

Di Nadia Pietrafitta

Roma, 19 gen. (LaPresse) – “Adesso non hanno più alibi, glieli abbiamo tolti tutti”. Quando in Senato è appena andato in scena l’ultimo duello tra Matteo Renzi e Giuseppe Conte, il leader di Italia viva è pronto ad iniziare una nuova partita. Il premier ha chiuso ogni possibile varco. Per il senatore di Rignano è il ‘kairos’, il momento opportuno: “Ora o mai più”, scandisce più volte in aula  guardando “dritto negli occhi” l’avversario. È una cifra esclusivamente retorica. Il premier ha già scelto la seconda opzione, scommettendo sui ‘volenterosi’. “Non si torna indietro”.  Iv sceglie l’astensione, ma la strada è segnata.

“Auguri”, è la replica di chi si considera magari un po’ ‘Pierino rompiscatole’, ma sicuramente “più capace” dei ‘Mastella Boys’.  Renzi si prepara a tornare all’opposizione. “A me conviene, non vedo l’ora”, confida. Nelle previsioni sul futuro in cui tutti si esercitano in queste ore, quelle renziane suonano più o meno così: con un ministero a Nencini e uno all’Udc, un De Bonis sottosegretario e magari convincendo due-tre dei miei qui (Comincini, Conzatti e Grimani quelli più a rischio), la maggioranza a palazzo Madama a 161 comunque non ci arriva. Non ha abbastanza incarichi. “Il premier la partita Conte ter, che vuole il Pd, non la può aprire perché non sa come chiuderla”. Quindi, adesso, è il momento di saltare una mano di gioco. ‘Vedere’ le carte dell’avversario.
“Durano poco”, azzarda. Tra i suoi c’è chi è ancora più ottimista. “Avete presente un gatto sull’Aurelia?”.

Certo, riflette, le cose sarebbero potute andare diversamente. “Questo Governo non andava bene e ho detto a Conte di cambiarlo. Anche Zingaretti voleva farlo, poi ha cambiato idea. Ha detto: ‘mi piac ‘o presepe ‘. Io non sono così”, rivendica. Il premier, racconta, era pronto a cedere, a novembre, nei due incontri a palazzo Chigi, “è stato cortese e un po’ naif”: sul tavolo l’appoggio nella corsa alla Nato, Rosato “già ministro”, addirittura Boschi “titolare della Giustizia”. Poi, però, i contatti si interrompono e la trattativa salta. “Non poteva fare il rimpasto, il M5S non lo avrebbe retto”. E “partono le veline contro di noi”. Nell’ottica del leader, di fronte alle continue accuse di fare “penultimatum”, fare un passo indietro non è immaginabile. E quindi la decisione di uscire dal Governo.

In aula volano gli stracci: “Lei ha avuto paura, signor presidente, di salire al Quirinale il giorno dopo le dimissioni, non perché abbia messo al centro il destino del paese, ma perché ha scelto un arrocco istituzionale, che spero sia utile per lei, per il governo, ma temo sia dannoso per le istituzioni”, attacca. Di più. “E’ un mercato indecoroso di poltrone”.

Il nuovo giorno del Conte bis, in ogni caso, per i renziani, parte più che zoppicante: i Dem vogliono un patto di legislatura e un rimpasto, i volenterosi vogliono ‘riconoscimenti’, se non nasce un gruppo di Conte nelle commissioni e in conferenza dei capigruppo sono in minoranza. “Se Conte cade è finito, altro che fare politica da fuori palazzo Chigi. Può dirlo a tutti, ma non a me: io sono passato dal 40 al 4%, so come funziona”.

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