LA CRISI DELLA DEMOCRAZIA

Il lungo corso ,iniziato dai primi anni di questo millennio e destinato a limitare le democrazie nel mondo, continua ad avere una coda lunga.
La storia delle democrazie come sistema di governo dei vari stati nei cinque continenti è relativamente recente. Quella delle democrazie liberali , ordinate dallo stato di diritto ed estese con suffragio universale,
lo è ancora di più e si può dire che si sono rapidamente diffuse dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Prevalentemente in Europa dove in alcuni stati hanno preso forma di governo stabile, ma anche in Israele e in Giappone, per ricordare paesi che non hanno confini semplici.
Si è sviluppata in Italia, Germania, Francia, Paesi Scandinavi, Paesi Bassi, Svizzera, Austria, oltre alla Gran Bretagna dove esiste da qualche secolo.
Con non pochi affanni anche Grecia , Spagna e Portogallo si sono accodati nella stabilizzazione .
Dopo la caduta del muro di Berlino la democrazia si è estesa, spesso in forme molto discutibili, anche nei paesi che una volta erano sotto la dittatura comunista.
E gli Stati Uniti, paese dal governo democratico sin dalla sua costituzione, hanno sempre rappresentato il punto di riferimento di ogni democrazia del mondo, fino al punto che hanno interpretato questo riferimento come un ruolo di diffusore di tale forma di governo in tutto il mondo.
Con risultati pessimi, viste le modalità con cui hanno esperito questo nobile intento.
Insomma non è molto coerente imporre la democrazia con la guerra, come è stato fatto nel Vietnam, o limitarne la possibile deriva verso il comunismo con il sostegno alla dittatura come è stato fatto in America
del Sud.
Questo metodo sbagliato è continuato persino in Iraq, è stato tentato in Siria, nel Nord Africa dove la democrazia non attecchisce per molteplici ragioni.
Le democrazie hanno sempre avuto dei nemici, nemici molto insidiosi, sia al proprio interno che esternamente , come il terrorismo o il “golpe” , ma anche le dittature hanno i loro nemici, quindi non esiste il sistema che accontenta tutti e che garantisce la pace sociale universale ma c’è una differenza sostanziale
tra democrazia liberale con stato di diritto ed il resto delle forme di governo, come le democrazie illiberali o
le repubbliche dittatoriali.
La democrazia liberale garantisce la rappresentanza e quindi ogni voce in capitolo compresa quella del singolo di fronte al sistema. Non garantisce, anzi ripudia, l’uso dell’eversione e dell’illegalità nella difesa dei
diritti di ogni uomo.
Da due decenni, più o meno, è andato montando un malcontento diffuso nelle democrazie liberali come la nostra. Più precisamente a partire dalla prima crisi economica del 2007 è cominciato a soffiare un venticello
a sostegno dell’associazione mentale, un insostenibile nesso, che legherebbe la democrazia e il disagio sociale.
Si è diffuso , propagato al pari di una pandemia virale, un sentimento di diffidenza verso il sistema di governo che fino a quel momento aveva garantito la crescita sociale ed economica dei paesi che lo avevano
adottato.
Perché questo è assodato: i paesi democratici sono quelli più ricchi e con la migliore aspettativa di vita di tutto il pianeta, dove per migliore aspettativa si intende sia di quantità che di qualità.
Eppure anche questa semplice associazione sembra cedere a favore di altri modi di intendere le democrazie: o quelle dove lo stato di diritto dell’individuo è subordinato al governo ad alle sue prerogative
( Putin ,Erdogan, Orban, Lukaschenko e quasi tutto l’est europeo della vecchia URSS e stati associati) oppure quelle dove esisterebbe la cosidetta democrazia diretta, dove di diretto esiste solo l’affrancamento
o meno alla posizione ufficiale del governo, senza intermediazioni o valutazioni di posizioni alternative.

Questo modo di intendere la democrazia, illiberale e prossima allo stato di polizia, sembra piacere a molte persone di diverso ceto sociale e di diversa posizione economica.
Neanche il semplice confronto su come si vive e con quali prospettive nei paesi dove sono in vigore queste democrazie, dove l’ unica libertà concessa è quella di negare valori e verità scientifiche, negare il valore
dei diritti, negare che esistano problemi epocali come quelli ambientali, sanitari e di integrazioni multietniche e come si vive realmente e con quali prospettive nei paesi a democrazia liberale e con stato di diritto ecco, nemmeno questo semplice confronto pare essere interessante ai sostenitori di questa battaglia culturale insensata, a mio modo di vedere.
La prospettiva di abbattere la democrazia rappresentativa pare talmente affascinante, contrariamente ad ogni raffronto e ad ogni considerazione, che non può che diventare attuale ,per paradosso, il motto biblico
del “Muoia Sansone con tutti i Filistei”.
In questa direzione vanno le teorie di Bannon e dei suprematisti russi ( terribile connubio) che si possono riassumere così: visto che non è possibile fare rivoluzioni armate si può però suggestionare il popolo e
modificare a nostro vantaggio il sistema democratico.
Questo sentimento è ancora molto forte anche se la detronizzazione di Trump, al momento rimandata di qualche giorno ( salvo imprevisti scenari drammatici ) ,è un segnale molto significativo.
E’ forte perché radicato da ormai un decennio, alimentato di continuo da suggestioni che lasciano illudere che il cambiamento, quello indicato come giusto ed equo, è dietro l’angolo se si ha l’immediato sostegno,
che è urgente e senza indugi. E’ forte perché è innegabile che le democrazie hanno mostrato il fiato corto quando sono state colpite nelle loro economie e l’aver permesso che il mondo della finanza soppiantasse
quello della produzione ,invece di sostenerlo affiancandolo, non è stata una buona idea.
Ma gettare tutto al macero per ascoltare i cattivi profeti è un’ idea ancora peggiore e dovrebbe prima di tutto stimolare una domanda ,che peraltro dovrebbe venire facile ai negazionisti come ai detrattori delle
democrazie liberali: a chi giova tutto questo, in fine?
A chi giova davvero il trumpismo, il populismo, il sovranismo, i suprematismi, il negazionismo?
Giova al popolo, alla sua crescita sociale, culturale, economica o è soprattutto utile a chi andrà a governare, a chi poi comanda, a chi detiene il potere e intende mantenerlo a lungo?
Domanda molto seria, che seriamente ci dovremmo fare tutti.
Agostino Mastrogiacomo
Presidente Acli Terra di Latina

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