Il pensiero e l’azione di Trump

L’eventuale sconfitta di Trump nella presidenziali USA avrebbe un grande significato politico e culturale
nell’intero pianeta.
Questo presidente ha avuto la volontà di collocare il confronto ideologico tra le due forze politiche, repubblicani e democratici che rappresentano il pensiero e l’azione negli Stati Uniti , in una specie di rissa
dove ogni colpo basso è salutato ed applaudito come fosse il migliore.
Il presidente Trump è riuscito a trasferire indietro nel tempo il 2020 come se fosse il 1968 o anche prima.
Ha, con il suo modo di concepire il presidenzialismo, cancellato ogni crescita culturale ed ogni traguardo raggiunto in merito a diritti civili, concordia tra le diversità, pacificazione tra gli estremismi per indurre e
provocare una rivolta negativa( almeno dal mio punto di vista) con l’obiettivo personale di emergere come figura di statista, nell’unico modo che gli era ed è possibile: come rozzo alfiere di una lotta tra il bene ed il
male, tra il giusto e lo sbagliato, tra il conveniente ed il non che ha attratto, forzatamente, l’interesse del popolo americano e di altre parti del mondo, Europa ed America Latina incluse.
La promessa di separare di un solo colpo quello che fa bene e che serve al paese, da quello che non serve ed è un inutile impiccio che va eliminato senza indugi, ha avuto un forte effetto sulla comunicazione
politica nel mondo tanto che anche nel nostro paese si è voluto perseguire la stessa strada, con ottimi risultati mediatici.
Trump ha esteso infatti questo conflitto perdurante, ovvero la modalità con cui lui può distinguersi, in ogni rapporto che gli USA intrattengono, obbligatoriamente, nell’intero pianeta.
Dal Medio Oriente all’Asia, dalla Russia all’Europa e persino con la Santa Sede.
Ora a quanto pare il Covid, l’unico nemico serio e reale da temere e combattere nell’interesse di tutti, nessuno escluso, lo ha contagiato proprio nel momento dello sprint alla corsa del suo eventuale rinnovo di
carica alla casa bianca.
Quindi quel nemico tanto insufficiente, da sottovalutare, quasi insignificante rispetto a tutti gli altri mega nemici da abbattere con ogni mezzo( immigrazione, libero commercio, tecnologia avanzata, estensione dei diritti civili, diversità di opinione) rende tutta la sua costruzione del ruolo dell’America in relazione a se stessa a con il resto del mondo, come una cosa fragile.
Davide e Golia è il paradosso che mi viene più immediato ed in qualche modo rende un’idea della fragilità dei colossi rispetto alle variabili disprezzate.
Ma se Trump, più che dal virus dovesse essere sconfitto nelle urne, cosa possibile e temutissima, anche cercando in tutti i modi di delegittimare questo risultato, anche invocando e tentando di realizzare ogni
possibile attentato mediatico a questa soluzione, l’inoppugnabile verità che ne scaturirebbe è che nel mondo, subito dopo, il populismo ha perso.
Ed è questo che io auspico, nel mio piccolissimo.
Non per fastidio, non perché fenomeno inaccettabile e nemmeno perché non ha alcuna ragione di esistere.
No, tutt’altro. Le condizioni e le ragioni che stimolano il populismo sono più che comprensibili.
Ma perché è un sistema che non vince, non realizza niente di dirompente e di positivo per la crescita dei popoli e dell’umanità.
In una parola: è inutile.
E c’è un sacro bisogno di utilità, di positività e di generare i terreni perché le mediazioni non servano a mettere le toppe sui guai ma che servano ad aumentare ed elevare le possibilità e le opportunità di
crescita.
Crescita culturale, di solidarietà, di sensibilità ed economica per tutti.
Agostino Mastrogiacomo

Presidente Acli Terra di Latina

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