Nicola Tavoletta: la politica in risposta alla demografia e alla qualità della vita

Nelle ultime 24 ore sono stati resi pubblici i dati Istat e la classifica della qualità della vita nelle province italiane. Abbiamo un quadro chiaro, sempre più italiani emigrano, istruiti soprattutto, e sempre maggiore è il divario tra il Mezzogiorno e il resto d’Italia. È da calcolare che oltre l’emigrazione italiana vi è anche una importante denatalità e un calo della migrazione in entrata. Ho da esprimere una riflessione chiara e semplice: negli ultimi trent’anni questo Paese si è vocato al terziario, ai servizi, prendendo quale riferimento di riscatto sociale il modello londinese o quello newyorchese, imitando i protagonisti di film e fiction hollywoodiane che esaltavano un rampantismo di prestigio. La questione vera è una: se non nascono bambini, emigrano gli adulti e abbiamo un calo del 17% degli immigrati, allora i servizi a chi li offriamo? Non è facile neanche esportarli, essendo collegati ai sistemi legislativi nazionali. Oggi abbiamo comunque dei dati positivi, un esempio la crescita della occupazione nel Lazio, il 62% di lavoratori, che evidenzia come non sia fermo il mondo del Lavoro e che dei filoni positivi ci sono, ma che non hanno ancora una prospettiva organica nazionale. Vi sono segnali positivi lì dove vi è una conversione culturale del lavoro verso la produzione, reinterpretata in chiave ibrida. Un ritorno alla produzione o alla trasformazione nelle quali le capacità artigiane si evolvono con le nuove funzioni tecnologiche o addirittura digitali. Attenzione però, che vi può essere produzione artigianale senza tecnologia, ma non questa senza capacità artigiana. La dimensione tecnologica o digitale sono attributi della produzione; questo vale dalla agricoltura alla industria. Non interpretiamo nell’artigianato solo quello delle botteghe, ma quello dei trasformatori in senso lato. L’Italia ritornerebbe a crescere solo se fossero curati e formati i talenti, valorizzandoli in una rete professionale d’espressione comunitaria e dal profilo innovativo. Un artigianato organizzato in filiere di comunità, dove aspetto sociale ed economico si coniugano esaltando la funzione del cittadino, che si emancipa da quella di consumatore. Certamente lo Stato in questa ottica dovrebbe riacquistare un ruolo d’orientamento anche nel mercato. La politica di guida verso una visione comune. Queste condizioni sono perseguibili con tre grandi investimenti: scuola, infrastrutture e pubblica amministrazione. Per fare ciò dobbiamo mettere in moto scelte coraggiose su nodi tipicamente italiani che ostacolano da decenni la politica e l’economia italiana: smaltimento dei rifiuti, innovazione energetica e reinterpretazione del ruolo nazionale nel Mediterraneo. Tre temi che vedono inchiodato il nostro Stato e che, se affrontati, farebbero risparmiare tanta economia. Quindi in questo momento i nodi sono culturali e politici, strategici, e le risposte complesse. Le risposte complesse si generano tramite una visione politica che coniuga tecnica e cultura, questa è la strada. Una strada da affrontare senza paura, facendo emergere le differenze, valorizzandole in sintesi e compromessi. Un percorso tutto politico figlio di politici non movimentisti e narratori, ma compromissori. Una politica che si legge e si pratica secondo le regole e l’ispirazione della Carta Costituzionale, che oggi ancora regge una visione politica, oltre a rappresentare uno spirito comunitario. Ritorno, quindi, su un concetto che ho già riportato su Lazio Sociale, quello della riaffermazione di una politica che è espressa dalla emersione di un nuovo Arco Costituzionale.

Nicola Tavoletta

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