1989-2019/ Germano Baldazzi: il 9 novembre di 30 anni fa crollava il Muro di Berlino

Tra i nostri giovani, definiti “Post Millennials” o anche “Generazione Z” (cioè tutti i nati dal 1997 in poi, quindi con meno di 22 anni), quasi nessuno ha sentito parlare del dramma della Guerra Fredda, e della divisione forzata operata con l’erezione del “Muro di Berlino”. Non hanno potuto vivere, sentire i riflessi della fine di un mondo bloccato, quale era quello uscito dalla Seconda Guerra Mondiale.
A scuola non si insegna la storia contemporanea e, a parte i racconti di alcuni genitori, le informazioni, i racconti sul “recente” passato sono molto rari. C’è stata come una cesura: oggi la società, il progresso corre tantissimo ed è difficile guadarsi indietro, leggere il passato, la storia, anzi, purtroppo, lo si dimentica rapidamente.
La conseguenza principale del non avere memoria storica è quelle di non fare i conti con il passato, cioè non provare a capire cosa e perché siano avvenuti certi fatti e, soprattutto rimediare ai danni operati. La Germania Occidentale, dopo la Seconda Guerra Mondiale ha in parte operato questa manovra: i processi, le riparazioni, le condanne, la povertà, la ricostruzione. Questo, purtroppo, non avvenne al di là di quella che divenne la Cortina di Ferro, cioè per i paesi che si legarono al mondo comunista e divennero parte del blocco sovietico.
La separazione della Germania, come anche la separazione operata con il Muro di Berlino sancivano una divisione netta tra due mondi che non dialogavano più tra loro: due mondi che pure, si erano coalizzati e alleati per combattere e sconfiggere l’aggressore nazista. Ma, le strade s’erano separate, non c’era più un obiettivo da perseguire uniti. Ci fu una spartizione di “sfere di influenza”, e si formarono due “blocchi” separati. La divisione era basata sul diverso modo di vivere la realtà politico-economica: da una parte la nascita di una struttura economica totalitaria, fortemente estranea al mercato internazionale, dall’altra quella democratica retta con una economia di tipo capitalistico.
Nel 1947, si sancì una netta divisione, dando inizio alla cosiddetta “Guerra Fredda”. Una guerra a distanza, senza scontri militari, che sancì una nuova separazione tra due mondi che avevano interpretato un modo di governare, la politica e l’economia, quasi in antitesi. Fu una divisione molto dolorosa, in particolare per la Germania che fu divisa in due stati separati, senza possibilità alcuna di comunicazione tra le due parti. La ferita più grande, forse, fu la repentina divisione di Berlino, concretamente attuata con l’erezione di un muro di quasi quattro metri, invalicabile e sorvegliato da truppe militari con l’ordine di sparare a vista a chiunque vi si avvicinasse.
La Guerra Fredda visse gravi momenti di tensione, ma la situazione non precipitò mai. Iniziò una corsa agli armamenti e, in particolare, la creazione di bombe atomiche, armi nucleari, costruite ed ammassate nei diversi arsenali dei paesi dei due nuovi schieramenti, tale da bilanciare la potenza di fuoco delle due parti. Un equilibrio che garantiva l’impossibilità di attaccarsi, pena la distruzione totale.
In effetti, nel 1962, avvenne una grave crisi, forse la più grave negli anni della Guerra Fredda, con l’isola di Cuba come teatro. Essa era l’avamposto sovietico confinante con gli USA: la tensione salì al punto che i due schieramenti dispiegarono batterie di missili, uno contro l’altro.
Il mondo sembrava scivolare verso una guerra nucleare. Ma La catastrofe fu evitata grazie alla fiducia reciproca che i due leader, John F. Kennedy e Nikita Krusciov si riconoscevano, nonostante il parere avverso dei rispettivi consiglieri. Fu un atto coraggioso, ma l’unico possibile, data la situazione. Qui, Papa Giovanni XXIII – recentemente santificato – con il suo messaggio di pace e di rinnovamento, ebbe una forte influenza e un effetto decisivo perché non si sgretolasse un equilibrio già precario.
Si giunse fino al 1989, precisamente al 9 novembre: un lunghissimo giorno, in cui avvennero due eventi quasi fortuiti, difficilmente prevedibili, ma decisivi! Innanzitutto, l’errore di un ministro della Germania Est: portavoce nel corso di una conferenza stampa, messo alle strette da quattro giornalisti, andò in una tale confusione che fece un annuncio tanto incredibile, quanto involontario. In quel periodo, nella Germania Est (la Repubblica Democratica Tedesca o DDR) erano in corso grandi proteste contro il regime comunista. Nella Germania orientale non c’era democrazia o libertà di parola, e quelle manifestazioni erano episodi di grande coraggio o, se vogliamo, di disperazione in reazione al regime. L’economia era stagnante e in difficoltà e parte della popolazione soffriva anche per la fame.
Il portavoce Günter Schabowski – pressato dai giornalisti in merito alle concessioni e alle novità che il governo avrebbe introdotto per far cessare le manifestazioni quotidiane che stavano bloccando il paese – ammise che le nuove regole avrebbero reso possibile viaggiare tra est ed ovest, e avrebbero riguardato anche la città di Berlino. Inoltre, confuso perché si stava capacitando della portata di ciò che aveva appena rivelato, aggiunse anche: «Le misure, che io sappia… dovrebbero… dovrebbero avere effetto immediatamente. Da ora».
Le parole del portavoce governativo fu come l’apertura del vaso di Pandora: i titoli e le testate dei notiziari della sera in tutta la Germania occidentale, ma la notizia si diffuse anche a est. Al punto che, la sera stessa, una folla incalcolabile s’era radunata davanti ai checkpoint del muro di Berlino.
Sarebbe effettivamente caduto il Muro?
L’errore fu grossolano da parte del politico. In realtà avrebbe dovuto dire che sarebbe stato consentito il passaggio soltanto a chi avesse ottenuto una serie di documenti, per comprovati motivi, ma fu impossibile correggere o ridurre la portata della dichiarazione, tanto che la folla nei pressi del Muro di Berlino, nella serata dell’8 novembre era divenuta numerosissima e, alle 23.30, divenne incontrollabile.
I guardiani dei varchi decisero, a questo punto, di aprire i varchi tra Berlino est e Berlino ovest, e questo fu il secondo episodio difficilmente prevedibile: cioè, la reazione dei militari di fronte alla pressione della gente, se avessero permesso il passaggio o se, invece, avessero reagito con la forza.
Il buon senso prese piede nell’operato dei militari, nei concitati momenti dell’assalto della gente verso il Muro, così le porte si aprirono e il muro fu scavalcato da centinaia di persone per volta senza colpo ferire.
Il Muro aveva cessato di esistere o, perlomeno, era terminata la sua funzione divisoria.
A questo punto, doveva iniziare un processo lunghissimo, complesso e di difficile composizione per la riunificazione di un paese ormai diversissimo: la Germania Est era poverissima, mancava il lavoro, i salari erano bassi, con tantissimi problemi sociali. Ora, si trattava di restituire una giustizia sociale ai tedeschi dell’est.
Alla caduta del Muro, si diffuse una grandissima euforia: la Guerra Fredda finalmente aveva termine. I leader delle superpotenze Reagan e Gorbacev stavano continuando a dialogare anche per fermare la corsa agli armamenti che, fino a quel momento, non aveva mai avuto sosta, riempendo gli arsenali all’inverosimile.
I leader di USA e URSS avevano iniziato a comprendere che un nuovo mondo si stava aprendo, da una parte, con la stabilizzazione di relazioni diplomatiche, dall’altra, a mano a mano che il blocco sovietico andava, paese dopo paese, a sgretolandosi.

Germano Baldazzi – Comunità di Sant’Egidio

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