Intervista per lazio sociale

Il 29 luglio scorso presso la chiesa di San Valentino, nell’omonimo quartiere di Cisterna di Latina, si è svolto un Flash Mob di servizio di cucina sociale. Con pochi prodotti locali sono state servite 130 persone e tanti bambini con un menù semplice, innovativo e molto apprezzato.
Il Falsh Mob si è svolto a conclusione dell’iniziativa “Il quartiere per la città”, promossa dai comitati spontanei territoriali e sostenuta da Acli, Coldiretti, Confcoperative,Compagnia delle Opere e dalla parrocchia di San Valentino. Questo per richiamare l’attenzione sulle forti problematiche sociali presenti su quel territorio, dove insieme a grandi criticità sono attivi nuclei di cittadini animati da grande spirito di servizio e di attenzione verso chi è rimasto o rischia di rimanere isolato.
Intervistiamo lo chef Agostino Mastrogiacomo, dirigente Acli Terra, che ha organizzato e preparato la cena.

Chef Agostino, cosa vuol dire fare cucina sociale?

Dunque, partiamo da una considerazione: Cosa è la cucina? E’ il luogo fisico ed immaginato dove si celebra il rito ed il mito del cibo. Il cibo è sempre stato una necessità ed un obiettivo per tutta l’umanità. Un riferimento costante della nostra vita.
Ebbene in quest’ottica la cucina è l’ambito culturale dove realizzare integrazione tra culture e classi sociali.
Il cibo come necessità è superato in buona parte del mondo, per fortuna.
Ma quella quota di umanità che ancora vive la propria vita per procurasi il cibo necessario merita tutta la nostra attenzione e va tolta da questa condizione.
La cucina sociale fa questo: eleva il concetto di cibo da momento ludico a momento di riflessione e successivamente di azione.

E’ importante comprendere il cibo per una migliora diffusione della cucina sociale?

Certamente. Quando trattiamo di pomodori, insalate, melanzane, peperoni e tutte le verdure che conosciamo è importante conoscerne gli aspetti nutrizionali ma anche la loro storia. Come sono arrivate lì,in cucina per essere preparate, trasformate e servite nei piatti. E anche dove finiranno i loro scarti è importante conoscere. Queste consapevolezze generano un rapporto di rispetto e di grande considerazione sia del lavoro di chi le produce e le raccoglie, sia di chi le trasforma e le serve in tavola.
Naturalmente il discorso è valido anche per le materie di origine animale e minerale.

Assumiamo cibo anche dal mondo minerale?

Sicuramente. Due su tutti: acque minerali e sale. Alimenti indispensabili al metabolismo umano e degli esseri viventi in generale. Specie nel caso delle acque minerali va considerato che sono un bene prezioso di cui dobbiamo tenere conto per le generazioni future. Va preservata, l’acqua nel mondo.
E tenuta pulita. Pensiamo che oggi, nel terzo mondo, l’acqua è ancora il primo veicolo di contaminazione di molte infezioni a volte mortali per l’uomo. Nonché, nel mondo industrializzato, un veicolo di contaminazione di elementi tossici provenienti da fonti inquinate da sversamenti causati da comportamenti criminali .

Cucina come servizio per tutti e come attenzione ai temi ambientali?

E’ proprio così. I temi ambientali sono l’economia del presente e del futuro. E non è solo conservazione ma utilizzo dell’ambiente in modo che non sia sfruttamento e depauperazione. E che produca cibo di servizio per tutti, perché tutti abbiamo bisogno di cucina sana, buona, equa, accessibile cosi come deve essere ricca di cultura, di giovialità, di sicurezza, di rispetto e di diffusione.
Il cibo va condiviso, è la forma di scambio più simile all’amore che vi sia. L’idea che vi sia chi mangi, chi spreca e chi non ne ha è forse l’ immagine più dolorosa e che rappresenta l’ingiustizia più estrema.

Per finire, lei crede che vi sia una buona informazione sul cibo?

In linea di massima si. Informare sul cibo è stato il compito della pubblicità degli anni del secolo scorso. La nostra stessa nazione ha avuto un’ossatura fondata sul cibo più che sulla lingua, per fare un paragone forte. C’e’ stato un momento in cui nelle dispense italiane e nei frigoriferi vi si potevano trovare le stesse cose da Porto Empedocle a Bolzano. Il galbanino, i formaggini, i pelati, le paste, il riso, le farine di grano e di mais, la carne in scatola , i fagioli, le marmellate, l’olio, i dadi da brodo e tanti altri prodotti , grazie alla pubblicità, erano noti a tutte le famiglie italiane ed erano diventati un tratto comune che ci ha unito.
Oggi molte informazioni vanno nella stessa direzione ma l’elemento di sicurezza è un altro: veniamo rassicurati sulla mancanza di qualcosa di negativo piuttosto che sulla presenza di qualcosa di positivo.
Sembra che in un alimento conti più quello che non c’e’ che quello che è presente.
Questo perché una certa informazione ci dice che dal cibo dobbiamo difenderci, sembra quasi un nemico.
Pare a volte che il cibo contenga veleni, sia precursore di tumori e malattie insidiose.
Per non parlare del cibo inteso come salvezza del corpo e dell’anima, come certe diete che sono stili di vita vogliono rappresentare.
La cucina sociale invece si occupa di pacificare e non di ricercare nemici.

Grazie chef Agostino

mastrogiacomo-chef

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