UCID, Pedrizzi, Boccia e Parolin a Roma per una nuova imprenditoria illuminata

Il Comitato Tecnico Scientifico riunito presso l’Istituto Sturzo boccia il partito dei cattolici e rilancia l’intervento dei corpi intermedi per superare la crisi.

Si è riunito lo scorso martedì 12 febbraio il Comitato Tecnico Scientifico dell’UCID (Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti), presieduto da Riccardo Pedrizzi con ospiti il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il Segretario di Stato Vaticano card. Pietro Parolin e il Generale Giuseppe Arbore del III Reparto del Comando generale della Guardia di Finanza, nell’ambito del Forum permanente sui valori dell’imprenditoria illuminata dalla fede. Il messaggio degli imprenditori cattolici è stato chiaro, secondo il Presidente Riccardo Pedrizzi “più che vagheggiare o promuovere la formazione di nuovi partiti politici, come il partito dei cattolici che sarebbe irrilevante nella geografia politica e partitica, i cattolici devono puntare e rivitalizzare i corpi sociali intermedi”.

Secondo Pedrizzi “il messaggio del Magistero sociale della Chiesa è attualissimo per affrontare i problemi e dare soluzioni, ponendo al centro l’uomo nella sua integralità”, da qui la proposta dell’UCID di una rinnovata riflessione sull’attuale situazione economica letta alla luce della dottrina sociale della Chiesa.

Per il Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, che ha ribadito la posizione degli industriali contro i veti politici sulle infrastrutture strategiche e le opere pubbliche, “i corpi intermedi devono evolversi, andare oltre il fatto di essere dei sindacati per diventare attori sociali, equidistanti dai partiti. Se perdiamo la sfida economica, perdiamo la primazia politica”.  “Per questo, l’industria alza il tiro alla politica”, ha spiegato Boccia per il quale “l’Italia deve trasformare la sua posizione geografica in una posizione centrale” e deve “rifiutare l’idea di essere la periferia dell’Europa, ma, al contrario, essere parte delle soluzioni”.

Secondo il presidente di Confindustria, serve “più occupazione, più crescita, individuare gli strumenti e intervenire sui saldi di bilancio, non intervenire sui saldi prescindendo dagli effetti”. Bisogna “passare dagli interessi alle esigenze del Paese”, ha insistito Boccia per il quale occorre anche coniugare “sviluppo e solidarietà” nell’ottica di una “pedagogia formativa del lungo periodo”.

Nella stessa ottica, per Boccia “un’Europa disgregata fa gli interessi di altri, E la situazione attuale ci obbliga a dibattere sulle ragioni delle riforme, perché solo attraverso l’Europa noi riusciamo a difendere le posizioni”.

Agli interventi di Boccia e Pedrizzi fa eco l’appello del cardinale Pietro Parolin affinché “le imprese siano capaci di comprendere il proprio ruolo in termini rinnovati e generosi, come produttori non soltanto di beni e servizi specifici e misurabili in termini di utili di bilancio ma inseparabilmente produttori del grande servizio dell’inclusione sociale e del recupero dell’ambiente”. Per Parolin “la sfida è un cambiamento dei paradigmi culturali che deve comprendere anche la conversione personale degli imprenditori e stili di vita improntati alla sobrietà e semplicità”.

Nella relazione il cardinale ha poi ricordato che “se le aziende non riescono ad includere tra i loro fini i macro-valori si trovano di fatto a creare contro-valori”. Nella società odierna, rileva il segretario di Stato, “assistiamo allo sviluppo di due mondi paralleli: il mondo degli integrati socialmente, che in maggiore o minore misura possono godere dei benefici dell’economia di mercato, e quello degli esclusi, separati da barriere difficilmente superabili”. A questo, osserva il card. Parolin, bisogna aggiungere lo “sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo” che è “una realtà fortemente presente” con i fenomeni della “prostituzione, dei soldati bambini del narcotraffico, dello sfruttamento della mendicità, dei sweatshops”, ma anche “l’esacerbazione del consumo, che non solo fa danno all’ambiente ma distorce la coscienza che le persone hanno di sé stesse”. Ecco perché, conclude, “la dottrina sociale della Chiesa segnala un orizzonte di responsabilità che può sembrare nuovo e ambizioso, ma dal quale non si può sfuggire”.

 

 

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