La Devianza giovanile oggi e l’importanza dell’azione educativa

Dott.ssa Alessia Belgianni – Sociologa, Criminologa e Specializzanda in programmazione, gestione e valutazione del servizio sociale.

Gruppo di lavoro Psynsieme:

Dott.ssa Alessia Micoli

Dott.ssa Alessia Belgianni

Dott. Fabio Battisti

Dott.ssa Rita Baggiossi

Dott.ssa Serena Masci.

Quando si parla di “devianza” si intende la non aderenza alle cosiddette norme sociali, e ciò ha delle conseguenze sui rapporti interpersonali che si instaurano nel momento in cui si entra a far parte di diversi contesti sociali.

La violenza minorile comporta l’attuazione di comportamenti devianti da parte dei giovani, basti pensare ad uno dei fenomeni sociali oggi più diffusi, soprattutto, ma non solo, all’interno delle scuole: il bullismo. Quest’ultimo, infatti, è definito una forma di devianza minorile che prevede, da parte di chi esercita violenza (che sia fisica, psicologica, o nei casi più gravi ed estremi, entrambi), dunque il bullo, l’utilizzo di condotte comportamentali legate all’aggressività. Da diverso tempo ci si chiede quale potrebbe essere la soluzione per arginare la devianza e i fenomeni sociali ad essa annessi, e per rispondere a questo quesito è doveroso ricorrere alla sociologia dei processi socializzativi, i cui manuali dedicati parlano della centralità dell’azione educativa, specificando che ci sono due agenzie educative fondamentali: la famiglia definita come prima agenzia educativa, pertanto i genitori hanno il ruolo di educare, per primi, i loro figli e insegnare loro i valori che consentono una sana convivenza sociale, come ad esempio il rispetto dell’altro, l’altruismo, l’empatia, la solidarietà, l’amore, l’onestà, l’umiltà, la correttezza, e la scuola definita, invece, la seconda agenzia educativa, la quale opera ugualmente ai fini educativi ma occupa uno spazio secondario rispetto al contesto familiare. Oggi, purtroppo, si assiste spesso a situazioni relative a genitori che delegano gli insegnanti ad attuare una prima azione educativa, il che è sbagliato, non si può pretendere un’inversione di ruoli (role reverse) tra le due agenzie educative di cui si è parlato.

Prevenire la devianza vuol dire evitare che sfoci nel fenomeno della criminalità minorile (è necessario precisare che la criminalità riguarda la violazione delle norme giuridiche, per cui si differenzia dalla devianza definita inizialmente) non raramente, infatti, si verificano episodi di omicidi per mano di ragazzi nei confronti dei loro coetanei, degli insegnanti, dei genitori, o, in generale, dei loro familiari. Come è possibile?

Sicuramente un giovane non arriva ad uccidere improvvisamente, ma probabilmente, aveva già attuato dei comportamenti devianti e violenti in precedenza e che poi si sono evoluti in comportamenti criminali, non a caso chi arriva a commettere un omicidio, dà sempre dei segnali relativi ad una condotta disfunzionale, ma si tratta di campanelli di allarme che devono essere riconosciuti, colti. Chi alza i toni, chi dà uno schiaffo, chi dà una spinta, chi prevarica sugli altri, chi vuole avere un controllo sulle altre persone, chi le priva della libertà e dei propri spazi, chi è possessivo, non è un soggetto da sottovalutare, perché quella violenza potrebbe trasformarsi, nel corso del tempo, in fatti spiacevoli ai quali non vi è rimedio. Prevenire la devianza attraverso una buona azione educativa, potrebbe voler dire far sì che la criminalità non si faccia spazio all’interno della nostra società. Concludo affermando che educare i giovani oggi, vuol dire non avere adulti violenti un domani.

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