LAZIO. TRA UN ANNO ELEZIONI, LEODORI-D’AMATO PRONTI A PRIMARIE CON INCOGNITA LETTA SEGRETARIO POTREBBE SPARIGLIARE E PROPORRE GASBARRA. È FUGA DAL CENTRODESTRA

(DIRE) Roma, 12 mag. – L’era Zingaretti sta per finire. Tra meno di un anno, ad aprile, scadrà anche il secondo quinquennio per il presidente alla guida della Regione Lazio e sono già partite le operazioni per designare chi concorrerà alla sua successione.
Soprattutto nel centrosinistra.
Tutto avviene sottotraccia, da tempo. Il dato di partenza è che per la prima volta il candidato del centrosinistra per la guida della Regione sarà scelto attraverso le primarie. Chi parteciperà? Per ora i nomi sicuri sono due ed entrambi del Pd: il vicepresidente del Lazio e assessore al Bilancio, Daniele Leodori, e l’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato.
Due pesi massimi.
Il primo è il protagonista del percorso compiuto dalla Regione per rialzarsi dal Covid, pianificando le politiche di rilancio sia sul fronte dei fondi della nuova programmazione europea che quelli del Pnrr; il secondo è il front-man della macchina che ha portato al grande successo del Lazio nella gestione sanitaria della pandemia.
Il mondo politico (e non solo) regionale sa che i due si stanno organizzando per scendere in campo ma, come un fiume carsico, le dinamiche non sono visibili. Tranne qualche piccola eccezione. Come ad esempio, l’evento (non pubblico) organizzato la scorsa settimana da D’Amato in una nota struttura calcistica di Roma alla presenza di politici (come il consigliere dem Emiliano Minnucci, il presidente del Municipio XV, Daniele Torquati, il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino la senatrice del Pd e moglie dello stesso Montino, Monica Cirinnà), amministratori (il neo dg di Capitale Lavoro, società in house della Città Metroplitana di Roma, Antonio Rosati) e personalità del mondo della sanità.
In quell’occasione D’Amato ha annunciato la sua candidatura in caso di primarie. L’assessore è pronto a mettere in campo i suoi comitati elettorali e in questo senso si inserirebbe un’altra sua iniziativa due settimane fa in un locale di fronte al Circo Massimo, dove sarebbe stato presente anche il presidente della commissione regionale Sanità, Rodolfo Lena.

Al movimentismo dell’assessore si contrappone quello, se possibile ancora più forte, di Daniele Leodori. Nei corridoi del Consiglio regionale si racconta di operazioni in corso finalizzate a ottenere un sostegno da parte dell’attuale maggioranza (che va dalla sinistra a Calenda e Italia Viva passando per il M5S), addirittura allargandola fino a pezzi di Forza Italia, dei Totiani e della Lega per costruire un’alleanza in stile governo Draghi, necessaria per vincere un’elezione a turno unico com’è quella delle regionali.
Qualche voce di questi colloqui deve essere uscita dalla riservatezza e in questo senso andrebbero interpretati, dicono fonti ben informate, i comunicati (estemporanei) dei consiglieri leghisti Pino Cangemi (vicepresidente del Consiglio e protagonista, insieme all’attuale consigliere di Forza Italia Enrico Cavallari, del famoso patto d’aula che a inizio legislatura garantì una maggioranza a Zingaretti) e Laura Cartaginese che la scorsa settimana parlavano della necessità di costruire un centrodestra unito.
Perché in effetti, al momento, questo campo politico sembra più interessato da spaccature (come ad esempio dimostra la vicenda delle elezioni comunali a Viterbo dove una parte di Forza Italia, guidata dal coordinatore regionale Claudio Fazzone, sosterrà attraverso liste civiche la candidata del centrosinistra Alessandra Troncarelli) e frizioni. La condizione “ideale” per iniziare a guardarsi intorno e magari non disdegnare la possibilità di candidarsi in una lista di moderati a sostegno di Leodori: un contenitore che dovrebbe mettere insieme le forze moderate del centrodestra e anche Italia Viva nel caso in cui non riuscisse a presentare una propria lista.
La stessa cosa il vicepresidente intenderebbe fare, sempre secondo Radio Pisana, con la parte più a sinistra della coalizione, proponendo (sulla scorta di quanto ha già fatto Zingaretti dal 2013) una lista civica a sostegno della sua candidatura.

Un quadro che sembra avere una sua linearità ma che al contempo rischia fortemente di scontrarsi con un ostacolo rilevante: Enrico Letta. Il segretario del Pd ha dimostrato di essere poco incline ad accettare candidature plurime del suo partito alle primarie. L’ultimo e più esemplificativo caso è quello di Roma. In quell’occasione Letta chiese a Monica Cirinnà di ritirarsi dalla contesa e appoggiare Roberto Gualtieri insieme al resto dei dem.
Infatti, ci sono già forze al lavoro per ricondurre nell’alveo dell’unitarietà tutto ciò che si sta muovendo. Quindi, un candidato unico del Pd alle primarie nell’ambito di un quadro politico (da chiudere) che riguarderebbe anche la segreteria roma e regionale del partito e i collegi delle prossime elezioni nazionali.
Tuttavia, c’è anche chi la vede diversamente e sostiene che la pluralità delle candidature dem alle primarie è prevista, e che i riferimenti da seguire sono le consultazioni interne che si svolsero a Roma (per il candidato sindaco) nel 2013 (Gentiloni, Sassoli, Marino e Prestipino) e nel 2016 (Giachetti e Morassut).
Se non si troverà un accordo, l’intervento di Letta sarà inevitabile e già circola il nome che potrebbe essere messo in campo per sparigliare: Enrico Gasbarra. L’ex deputato ed eurodeputato, già presidente della ex Provincia di Roma, vicesindaco della Capitale e di recente consigliere politico di Roberto Gualtieri al Mef, è stimato da tutti e sembra avere anche le credenziali giuste per compiere la missione più complicata: tenere insieme Calenda, i 5 Stelle, la sinistra e le forze moderate del centrodestra. Un compito al quale saranno chiamati anche lo stesso Letta e il segretario regionale dem, Bruno Astorre.

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