LA DISOBBEDIENZA CIVILE

“Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street” è un bellissimo e famoso racconto scritto nel 1853 da Melville, lo stesso autore di Moby Dick, ed al pari di quel romanzo impareggiabile che ha aperto la cultura e
l’arte all’introspezione umana, è stato il prodotto letterale che ha ispirato i temi che hanno portato l’intelletto umano a chiedersi se il rifiuto delle convenzioni , delle convenienze sociali e soprattutto del
sapere e della scienza , è un diritto della persona e come lo si può esercitare.
Tema appassionante e non risolto, o meglio, interpretato in modi del tutto diversi.
La storia di Bartleby inizia con l’accettare un lavoro, di scrivano appunto, e di volersi solo limitare a quello rifiutando ogni altri tipo di richiesta dal proprio datore di lavoro, fino ad arrivare a smettere del tutto di
lavorare.
Salvo poi arrivare a rifiutare ogni tipo di assistenza e ogni tipo di conciliazione con la meravigliosa frase:
“Avrei preferenza di no”.
Bartleby inizia un allontanamento da ogni riferimento sociale, finisce in galera dove rifiuterà persino il cibo, sempre con la formula “ Avrei preferenza di no” fino a lasciarsi morire.
Bartleby è un eroe o è un autolesionista? E’ un illuso o è illuso il mondo che lo circonda e che si crede
vincente ed organizzato?
Bartleby è sicuramente coerente, o lo sembra perché riesce ad abbandonare ogni suo bisogno sociale che
trova come un’imposizione piuttosto che una necessità.
Assomiglia al moderno negazionista, che però al contrario di lui chiede a gran voce che le parti vengano
invertite.
Il negazionista non accetta di appartarsi a seguito del suo rifiuto e peraltro gradisce ogni assistenza e ogni
situazione dove far valere il suo diritto a negare la società nei suoi obiettivi.
Il negazionista invece vive del sistema, nei fatti non è a lui ostile, nè indifferente.
Ne ha bisogno : senza sistema non avrebbe ruolo.
Sono nato, come tanti, in una società che era ancora cementata sulla dicotomia tra quello che si poteva
fare è ciò che non si doveva fare. Tra quello che era proibito e ciò che era concesso ma sono cresciuto al
punto che mi ritrovo, come tutti, in una società dove è permesso tutto ciò che non è espressamente
illegale.
Sono un liberale radicale e per me la massima libertà è e resta una conquista sociale ma ammetto che le
visioni radicali offrono i fianchi al degrado etico, di cui il negazionismo è una componente.
Certamente va salvaguardato il diritto alla contrapposizione, è il sale della crescita civile, ma va anche
compreso che un eccessivo ricorso alla dissociazione tra persona e società non fa il bene di alcuno.
Se non di chi, in nome di una sacra libertà, semina odio per acquisire consenso che tornerà utile al proprio
potere.

Agostino  Mastrogiacomo Presidente Acli Terra di Latina

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *