DALLA PARTE DELLE IMPRESE

Nel leggere una tra le tante lettera che mia zia Concetta inviava a suo nipote, mio padre Antonio militare in caserma nel 1943, per raccontargli quello che,dal suo punto di vista, accadeva nella famiglia , si arriva ad un
punto in cui racconta che il marito, zio Eldorado, si stava dando da fare per non farsi trovare dal messo giudiziario che voleva notificargli una richiesta di pagamento dall’erario.
Vengo da una famiglia che ha fatto impresa per quasi cento anni e ho ben presente quale fosse il senso che zia Concetta voleva trasmettere al nipote in un italiano sconnesso , maccheronico e più simile al dialetto del
dialetto stesso.
Non era un racconto comico, era invece la narrazione di un’angoscia, del senso di un’inadempienza che scotta, disonora e fa male.
Talvolta è questo quello che succede in un’azienda , una qualsiasi piccola azienda Italiana.
Eppure zio Eldorado avrebbe ampliato il suo piccolo impero, sarebbe cresciuto come uomo e come impresa con falegnamerie, depositi di materiali edili, costruzioni, trasporti, laboratori, negozi fino a festeggiare nel 1961 un cospicuo deposito di lire in depositi bancari.
Che non furono sufficienti ad evitare il fallimento nel 1969.
Ma è una storia come tante che mi serve per raccontare cosa è, quale è, lo spirito di un’azienda.
Spesso è fatto di speranza e di fiducia , di entusiasmo, di soddisfazione nell’ interpretare un ruolo attivo nel presente e verso il futuro del territorio dove si stà operando.
E a volte è fatto di incertezza, di investimenti non azzeccati, di scelte tardive o fuori target.
Ma quello che si deve sapere è che l’impresario, una volta detto “padrone”( termine che ho sempre, sempre, sempre, odiato) ha a cuore il destino della sua azienda. E con questa tutto ciò che rappresenta e
specialmente chi in questa azienda ci lavora.
Non ti fa dormire la notte il fatto che forse non potrai pagare gli stipendi il giorno fissato, il fatto che arriverai sul filo di lana per versare correttamente tutte la contribuzioni, il fatto che per il momento forse è
meglio ritardare il pagamento del tributo.
Prima ancora del fatto che forse non si andrà in vacanza con la propria famiglia, che il cappotto va bene anche quello di cinque anni prima, che l’auto nuova è un’altra rata che va a sommarsi a quelle per cui ogni
giorno devi correre a versare in banca.
Quindi credo di sapere bene, cosa prova il popolo degli italiani che da questa pandemia sono incastrati da un destino che non hanno più modo di gestire, che non dipende dalle loro scelte.
So, lo conosco, quel senso di disperazione che potrebbe spingere a compiere gesti inauditi o a lasciarsi andare senza reagire più.
Naturalmente sto con questi italiani, questi padri e madri di famiglia aggrappati alla loro creazione di lavoro, qualunque essa sia.
Ma non sarò di loro aiuto e non sarò di aiuto neanche a me, che parimenti sono colpito da questa maledizione sciagurata, se pensassi di combattere il senso di frustrazione gettando benzina sul fuoco.
Sento che c’è chi artatamente individua nel nemico anche i dipendenti pubblici a cui molti vorrebbero ridurre gli stipendi, per averne una parte indietro da distribuire a chi è rimasto senza opportunità di lavoro.
I professionisti del disagio sociale stanno armando le loro lame, puntano allo scontro per poi trarne vantaggi personali andando a trattare con lo stato per poi far tornare le cose sotto controllo.
Conosco bene anche questo, chi ha la mia età lo sa bene.
Stiamo uniti e restiamo uniti, noi siamo un popolo pacifico che ha vissuto secoli di pace, prima di conoscere le guerre che non ci hanno mai convinto.
Sentiamoci fratelli e sorelle, lo siamo.
Questo dirupo non ci deve inghiottire, la cavalleria arriverà presto e la scienza, più che la politica( e men che meno l’antipolitica, che non serve davvero a nulla) sta per aiutare l’umanità intera, quell’umanità che
nel frattempo aiuta ed aiuterà uomini e donne, anziani, bambini, tutti.
Il mondo del terzo settore sta facendo tanto e continuerà a fare tanto, la solidarietà è il vero argine a questo malessere che ci opprime.
La speranza e l’attivismo dei gestori di piccole imprese ci serve ora più che mai, perché è dal modo che si ha di guardare gli orizzonti che si fa la differenza.
E chi fa impresa lo sa.
Agostino Mastrogiacomo
Presidente Acli Terra Latina

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