Sistemi alimentari in crisi

Stime delle nazioni unite (ONU) indicano che la popolazione mondiale tenderà a stabilizzarsi nei prossimi 50 anni.
Quando, secondo queste stime , sranno circa 10 miliardi gli abitanti della terra.
Questa previsione si fonda sulla probabilità elevata che anche i paesi che oggi maggiormente contribuiscono all’aumento della popolazione sul pianeta, ovvero i Paesi Asiatici, Medio Oriente, Sud America ed Africa, arriveranno a colmare le nascite con i decessi e che questo succederà più o meno come da noi, inteso mondo occidentale ed altamente industrializzato e dotato di strutture e sistemi che agevolano la durata e la qualità della vita.
Non proprio allo stesso modo, ma si arriverà, secondo questi studi complessi, a generare in modo discriminato, più misurato.
Probabilmente, non è specificato, per un calcolo di convenienza (solo apparente, a mio modo di vedere) e che implica una fiducia meno incondizionata nella vita stessa.
Resta il fatto che tutte queste persone, tra i vari bisogni che danno senso alla vita stessa, hanno necessità di bere, mangiare e respirare.
Analizzando il bisogno essenziale di cibo, bene primario per eccellenza, ci si troverà ad avere un problema maggiore di quello odierno, che già non è uno scherzo.
Il fatto che noi troviamo supermercati ricchi di ogni alimento non è l’ esatta rappresentazione della disponibilità e accessibilità di cibo nel mondo.
Il 10% dell’umanità muore letteralmente di fame. E solo il 30% tra cui noi italiani, vive in condizione di abbondanza ed alta accessibilità al cibo , peraltro salubre e sicuro in alta percentuale.
Tutti gli altri semplicemente non muoiono di fame, nutrendosi in modo monotono ed appena sufficiente.
E’ ovvio che il mare non può, già oggi, continuare a sostenere la richiesta di cibo proteico e neanche è pensabile che il solo allevamento animale possa essere lo sbocco di questa necessità umana.
Coltivare a cerali in modo produttivo tutta la terra disponibile comporterebbe delle trasformazioni che vanno nella direzione opposta a quella della conservazione e della sostenibilità ambientale, si genererebbe uno scompenso tra i vari regni della natura che avrebbe conseguenze devastanti.
Anche in considerazione che andrebbero tutelati i raccolti con massicce immissioni di pesticidi e fitofarmaci che già da anni avrebbero dovuto essere assai limitati.
Le direzioni da percorrere sono prevalentemente:
1)Rendere irrigue le campagne dei paesi poveri. La carenza di acqua è il primo dei limiti da superare
2)Riconvertire gli sprechi alimentari dei paesi ricchi. Si tratta di cifre imponenti che con costi limitati si possono rendere accessibili a chi non ha disponibilità
3) Ripristinare dove possibile le biodiversità. Il continuo espandersi dei mercati alimentari facilmente genera gravi scompensi nei delicati ecosistemi che consentono le agricolture stabili.
Alcuni decenni fa il mondo dell’agricoltura e della cultura della terra insorsero con veemenza contro gli OMG.
OGM è l’acronimo di Organismo Geneticamente Modificato. Vuol dire che la biotecnologie che consentono di modificare il corredo genetico di una pianta ad uso alimentare vengono applicate in modo che questa pianta, o altre, abbiano la capacità di non reagire ad un determinato agente patogeno naturale.
In pratica nella pianta (quasi esclusivamente cerali,ma non solo) si modifica la struttura del gene sensibile a quel patogeno in modo che la sua azione, che porterebbe alla morte o alla degradazione del frutto della stessa, diventi inefficace.
Quindi abbattimento dei costi di immunizzazione (pesticidi) e rese assicurate.
Si comprende bene quali forti resistenze sono sorte contro questa alterazione genetica.
Anche per i sospetti che si addensano sulle case produttrici, imputate a vario titolo di diffondere malefici sotto forma di semenze ed alimenti.
Ma forse, considerato la costante perdita di bio diversità, ovvero il miglior sistema naturale che consente al mondo vegetale di resistere ai patogeni grazie ad altri fattori patogeni concorrenti tra loro, converrà riconsiderare la cosa e favorire gli studi sull’argomento e renderli di nuovo possibili in Europa.
Al fine di trovare un equilibrio che consenta di dissipare i giusti dubbi e le riserve sulla delicata questione e che garantisca un controllo continuo senza firmare cambiali in bianco in nome di una soluzione immediata.
Percorrere la strada di un trasognato ritorno ad un mondo in perfetto equilibrio tra domanda ed offerta , tra buone pratiche ed alta resa (che perfetto non è mai stato e quindi un mondo che non è mai esistito anche quando sulla terra eravamo 6 miliardi di persone in meno) non è strada percorribile per l’ agricoltura del futuro.


Agostino Mastrogiacomo
presidente Acliterra Latina

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