Il Gelato

Il gelato è un alimento assai particolare.
Tecnicamente è definibile come un cibo  fluido di media densità ,ricavato da un’emulsione che utilizza la temperatura sotto zero unitamente alla forza meccanica ( il girar delle palette) per orientare le proteine di cui è composto, animali e vegetali, in una struttura compatta che ne consente poi il mantenimento in diverse forme.
Ecco la tipicità del gelato:  può mantenere una forma( e cambiarla), diversamente da un crema che tende da subito ad uniformarsi alla linea dell’orizzonte e si appiattisce.
Si, certo, anche una panna montata mantiene una forma e pure più stabilmente, ma non è un gelato.
Al massimo va sopra ad un gelato a mò di cappello, ma sempre e solo panna montata è, colorata e zuccherata quanto si vuole.
Il gelato, invenzione italiana, anzi siciliana di fine 600, è a buon diritto diventato cibo universale del mondo ed ovunque si chiama ormai Ice Cream. Come il caffè, il cioccolato, la maionese, il sugo di pomodoro , il tabasco ed il ketchup hanno perso il loro carattere di tipicità nazionale e sono diventati patrimonio dell’umanità intera che mangia, il destino del gelato ha solo anticipato di un secolo quello che succederà alla  pizza.
La pizza tra qualche decennio non sarà più un piatto italiano ma mondiale.
Facciamocene una ragione, tanto noi (per lo più) non ci saremo e più che piangerci sù, saremo  noi pianti da qualcuno. Forse.
Dicevo, il gelato. Che cibo, che invenzione!
Ha forma ma solo quella che gli diamo noi, non lo mordiamo ma non lo beviamo. Non lo assaporiamo, lo mangiamo con le labbra, lo spalmiamo con la lingua sul palato, lo facciamo sciogliere in gola  e non lo feriamo con i denti.
Cibo ed eros vanno a braccetto sfacciatamente mentre mangiamo il gelato e  poco cambia a prenderlo su con un cucchiaino da una coppetta.
Non cambia l’effetto, anche da una coppetta come da un cono, quando mangiamo il gelato siamo spacciati davanti a noi stessi.
E’ freddo ma promette calore e a vederlo richiama a gran voce anche  se pare del tutto indifferente a noi. Non emana odore, non profuma e per questo ci costringe ad avvicinarci a lui, ci obbliga a guardarlo con stupore.
Il gelato affascina con il suo colore, si agghinda come   per un appuntamento d’amore.
Si fa trovare pieno di granella zuccherosa ed appetitosa o con vezzose venature di colori sgargianti, mette sù amarene, indossa cialde croccanti. Sfida la natura, come una monella in abiti succinti sfida le convenzioni dell’apparire in società Si fa rosso come una fragola, giallo come uno zabaione, scuro come Otello che brama Desdemona, accattivante come la maschera di Gianduia a Torino, verde come un prato per innamorati.
Diciamola tutta: a tavola il gelato è un meraviglioso figlio di buona donna.
Siamo disposti a farci ingannare dal gelato: gli perdoniamo di essere giallo quando dice di essere alla banana, ben sapendo noi tutti che il frutto della banana è bianco avorio, non giallo. E neanche con la mela verde si può fare il gelato verde, ma  gli crediamo ugualmente e ci facciamo fregare con un sorriso indulgente:
al peccato si perdona tutto, se siamo noi a farlo.

Agostino Mastrogiacomo Chef

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